Perché DEVI avere un business on line? (2 casi di studio)

Non lo dico io. Lo dice Bill Gates: Se non hai almeno una parte di business on line, in futuro non avrai nemmeno un business offline.
E questo è ciò che bene o male ogni imprenditore si trova a fronteggiare in questi anni.

“Ci saranno due tipi di imprese nel XXI secolo. Quelle che sono su internet e quelle che non esistono più”

Bill Gates

In questa parte di nuovo secolo in cui si sta passando da un’economia tradizionale ad una ECONOMIA DEL DATO, pensare di lasciare tutto com’è sempre andato, senza prendere in considerazione di integrare servizi e prodotti digitali è un’operazione estremamente rischiosa.

Non è che se OGGI non sei già digitale, domani chiuderai. Ma una lenta e progressiva corrosione si mangerà la tua competitività, il tuo posizionamento, i tuoi margini. Lo dice Bill Gates e tanti altri molto più titolati di me.

Quindi c’è almeno da pensarci.

Ma cosa può voler dire? Che impatto può avere questa questa cosa sul business anche quello più tradizionale?

2 esempi e una ricetta

Voglio provare a raccontarti questa cosa con due esempi, poi al termine ti darò una ricetta in 4 punti.

Vedere come la trasformazione digitale sia possibile in casi concreti, REALI, tangibili, nel mondo delle piccole imprese, aiuta a capire come questo sia possibile per tutti e non solo per le mega corporate di cui si legge ovunque.

E non è necessario nemmeno avere un’azienda 100% servizi. Leggi qui sotto.

Fulgosi: Tubi e digitale

Alcuni tubi prodotti dalla Fulgosi

Fulgosi Srl è un’azienda di Piacenza che da oltre 40 anni fa tubi per il settore Oil&Gas. 100% ferro e leghe derivate, saldature, calandre, ecc. Niente di meno digitale! E quindi niente a che fare con le con le startup fighette di cui si sente raccontare in televisione.

Davide Fulgosi, classe 1966, come ti puoi immaginare dal nome, è il leader di quest’azienda e ha cominciato a digitalizzare il suo business anni fa in tempi non sospetti. Ricordo le giornate intere passate nei vecchi uffici e la notizia del crollo delle torri gemelle l’11 settembre 2001. Eravamo insieme.

Già allora le offerte e gli ordini erano gestite con il suo sistema informativo digitale fatto in casa con Access; a mano a mano che il tempo passava è stato perfezionato ed è diventato il punto di forza della Fulgosi Srl fino a coprire il 100% dell’intero processo produttivo:

Dopo la digitalizzazione della parte commerciale è stata la volta dell’integrazione del magazzino con i fornitori realizzando quello che in gergo si chiama la supply chain integration.

Dopodiché ha esteso la digitalizzazione anche all’avanzamento delle commesse, condividendola con i clienti tramite interfaccia web.

Per farti capire concretamente: i clienti adesso vedono l’avanzamento dei lavori delle commesse in tempo reale e si fidano così tanto che mandano i camion a prelevare i tubi senza nemmeno chiamare! Ti puoi immaginare che un servizio del genere ha fidelizzato i clienti in modo pazzesco.

E anche Davide è super contento perché in questo modo, invece di vivere in perenne risposta, riesce a fare molto con meno personale e ha sufficiente tempo libero per coltivare le sue passioni dello sci o della moto.

Un altro un altro vantaggio è il legame di partnership di lungo periodo
con i fornitori che contribuisce tantissimo alla stabilità di questo business, misurabile anche in termini economici, perché la produttività è doppia rispetto ai competitor.

Infatti, a parità di condizioni di mercato l’azienda ha margini praticamente doppi rispetto ai concorrenti; e questo l’abbiamo visto anche facendo un analisi di Benchmark confrontando cioè i bilanci con con i concorrenti.

Quindi, quando si parla di Industria 4.0, oltre a iscriverti a un bel corso teorico, chiama Davide e chiedigli come ha fatto e come sta facendo, è sicuramente un professore senza cattedra, su quest’argomento 🙂 Un giorno farò un articolo più dettagliato su come abbiamo implementato tutto questo a partire dal “credo della qualità e del servizio“.

Caso#2: Consulenza online

Il secondo caso è invece legato ai servizi, e precisamente i miei servizi di consulenza strategica rivolta agli imprenditori. Solo in apparenza questo passaggio può risultare semplice.

La mia era una società di consulenza tradizionale, con ufficio, personale, trasferte e clienti in tutta Italia che da sempre combatte gli sprechi e la burocrazia a fianco degli imprenditori per ottenere grandi risultati.

E questo cerchiamo di farlo con soluzioni innovative, snelle e anti-burocratiche, con la trasparenza di prezzi chiari e certi.

Nell’arco di poco tempo abbiamo tirato fuori una società prettamente on-line in cui gran parte dei servizi consulenziali sono stati semplificati e digitalizzati, in modo che siano erogabili esclusivamente on line.

La consulenza tradizionale diventa quindi una opzione da percorrere quando l’imprenditore ha bisogno di un coach, di un consulente che fornisca un valore superiore e che faccia la differenza.

Per fare questo abbiamo selezionato una serie di servizi, li abbiamo resi standard, e quindi digitalizzati tramite una piattaforma web.

Sono i 3 servizi nati fino ad oggi per guidare passo per passo gli imprenditori o i loro incaricati a migliorare le prestazioni della loro impresa o a trovare la conformità in maniera efficace ed efficiente. Anche in autonomia, senza l’aiuto di consulenti.

Sono 3 casi di digitalizzazione avvenuta con successo; questa cosa non la dico solo io, ma si vede dalle vendite e soprattutto dalla soddisfazione dei clienti che hanno provato questi servizi (qui i video delle interviste).

La ricetta per la trasformazione digitale

Ecco, adesso vorrei tracciarti la ricetta che ho seguito per digitalizzare i servizi di cui ti ho raccontato sopra.

Che la trasformazione digitale abbia inizio. Anche se parti da zero. Anche se hai una attività tradizionale.

FASE 1 – Analizza il processo

Il primo punto è l’analisi dei processi. Questo significa trovare trovare i punti critici, i colli di bottiglia, i buchi neri della produttività al fine di semplificarli, ottimizzarli e renderli digitalizzabili.

la domanda che ti devi fare in questa fase è: cosa voglio digitalizzare? voglio digitalizzare un processo interno? Un servizio al cliente? Devo cambiare il mio modello di business o posso mantenerlo più o meno come prima? Dove sono le attività ripetitive manuali che posso automatizzare?

FASE 2 – Prototipo

Una volta capito cosa e come digitalizzare, mettiamo a punto un sistema MINIMO funzionante. Sia che stiamo testando il mercato con un nuovo prodotto (Minimum Viable Product con il metodo Lean Startup di Eric Ries), sia che stiamo mettendo a punto un sistema per digitalizzare un processo interno, creeremo un prototipo che svolga le funzioni essenziali.

È importante in questa fase non cadere nella tentazione di fare un prodotto perfetto e completo perché nella maggior parte dei casi non funzionerà come ti immaginavi.
Il senso del prototipo è quello di spendere meno possibile per mettere VELOCEMENTE a punto qualcosa che sicuramente dovrà essere modificato.

FASE 3 – il TEST

In questa fase raccoglieremo i dati per capire se il prototipo sta raccogliendo i frutti sperati o se c’è ancora molto da fare.
Se si tratta di un prodotto o servizio nuovo dovremo raccogliere i feedback dai clienti e dagli utenti fino che non avremo idee precise su come creare qualcosa di veramente utile e per cui i clienti sono disposti comunque a pagare. È il momento dei questionari, dei sondaggi o delle interviste a chi usa per primo questi servizi.
Nel caso di un processo interno, misureremo i risultati in termini di efficienza guadagnata, affidabilità del sistema, facilità di utilizzo. Anche qui l’importante è NON arrendersi alla prima difficoltà perché probabilmente sarai già sulla buona strada, ma a seconda dei casi potresti dubitarne. Insistere con i test e con la formazione per ottenere un processo sempre più snello. In questa fase possono coesistere vecchio e nuovo processo.

FASE 4 – il Lancio

In questa quarta fase, certi dei risultati raccolti andiamo ad estendere quanto ottenuto a tutti i potenziali interessati. Se si tratta di un prodotto o servizio, dovrai adottare delle tecniche di lancio perché il tuo prodotto abbia la maggiore visibilità possibile sul mercato.
Se si tratta di un processo interno, è il momento di recidere definitivamente il legame con il passato. Da questo momento in poi il vecchio processo non esiste più e sei pronto per estendere la logica della digitalizzazione anche agli altri processi.

OK, quindi sicuramente tornerò sul tema del lancio di prodotti insieme allo specialista dei lanci, Marco Scabia, in uno dei prossimi video articoli, ma nel frattempo fammi sapere cosa ne pensi e se credi di poter digitalizzare anche tu i tuoi processi, servizi o prodotti.

Ci risentiamo molto presto!

i 7 passi per un miglioramento continuo EFFICACE e NON formale

Si sente spesso parlare di miglioramento continuo, ma dalle domande che mi vengono fatte da molti imprenditori e manager, capisco che molti hanno le idee confuse:

  • su come implementarlo in maniera efficace e non formale,
  • su come ottenere il meglio senza perdersi in questioni burocratiche
  • e sul fatto che il miglioramento continuo sia effettivamente un processo e come tale debba essere quindi gestito.

Ecco perché in questo video e articolo raccolgo in 4 minuti i 7 punti essenziali del miglioramento continuo.

Il miglioramento continuo non riguarda solo la qualità: è una delle migliori tecniche di miglioramento della competitività. È una disciplina nata in Giappone per vincere la guerra economica come rivincita dopo la seconda guerra mondiale.

Guerra che per un periodo il Giappone è riuscito anche a vincere scalzando gli Stati Uniti dalla prima posizione in diversi settori industriali, proprio grazie alla strategia della qualità e del miglioramento continuo.

Il temine giapponese è kaizen, la via del miglioramento.

Ma il successo più grande, la scuola del kaizen l’ha ottenuta nel diffondere a livello globale la cultura della qualità, attraverso gli anni 70 e 80.

Tant’è che negli anni 80 gli standard di qualità sono stati ripresi anche in occidente dalla ISO 9001, la cui prima versione è del 1987, facendo del miglioramento continuo il fulcro del suo successo.

Lo standard è oggi riconosciuto in più di 180 paesi in tutto il mondo e questo la dice lunga sull’efficacia del modello di gestione proposto.

Ma vediamo quali sono i 7 passi che rendono davvero efficace questo straordinario strumento.

PASSO #1. Capire se i clienti sono contenti.

Il primo punto è sicuramente comprendere quanto il cliente è soddisfatto dei nostri prodotti o servizi. Intendo che è importante avere un feedback dai clienti in qualsiasi forma, che si tratti di un sondaggio diretto o indiretto.

  • sondaggi diretti, adatto a chi ha prodotti in ambito retail, ma non solo, anche aziende in abito business possono avere bei risultati, se il sondaggio è fatto bene;
  • sondaggi indiretti: analisi di fidelizzazione, analisi degli ordinativi negli anni;
  • Rapporti dai commerciali o da chi sente quotidianamente i clienti per le vendite;
  • Analisi dei reclami o dei ticket di assistenza.

Sono solo alcuni esempi. L’importante è avere una misura della temperatura del nostro rapporto con i clienti, di quanto i clienti sono contenti del prodotto che facciamo o del servizio che eroghiamo.

Per favore cercate di avere un approccio diretto, innovativo, sintetico e concreto quando fate fate domande ai vostri clienti, altrimenti perdete un’occasione. Cercate anche strumenti efficace e rapidi da compilare, così avete qualche speranza di avere dei feedback sinceri. Ci sono tanti strumenti, anche gratuiti, alternativi ai classici metodi!


PASSO #2. Anomalie interne

Il secondo punto è capire quanto e come incidono le anomalie interne, una vera miniera d’oro. Analizzare gli errori interni può mettere in evidenze notevoli sacche di inefficienza, che, una volta risolte le cause, può far schizzare qualità e produttività molto velocemente.

Esistono diversi modi per risolvere questo punto, uno semplice è il metodo di Pareto, ne parlo in questo articolo “Come eliminare le cause degli errori con una singola mossa”.

Monitorare le anomalie per imparare dagli errori e migliorare costantemente

PASSO #3. Monitorare le prestazioni, KPI

Monitorare le prestazioni dei processi, dei KPI (Key Performance Index), capire se stiamo andando bene con le vendite, con la produzione, con i tempi di consegna, se abbiamo dei ritardi, cronici o puntuali, se rispettiamo i budget di progettazione, è come come guidare un’auto controllando lo sterzo, il freno, l’acceleratore e la strumentazione. Se devo correggere la rotta, poso agire immediatamente e non accorgermene quando sono a 2 metri da un muro! Ne ho parlato in questo articolo e sicuramente ci tornerò sopra in futuro.

un semplice monitoraggio dell’efficacia delle vendite rende più facile correggere le azioni
commerciali per mettere a punto strategie efficaci

PASSO #4. Analisi delle forniture.

Capire l’impatto di ciò che abbiamo acquistato sulla qualità del nostro prodotto o servizio è di lapalissiana importanza.

Che si tratti di servizi o di prodotti, quello che mettiamo all’interno di ciò che consegniamo ai nostri clienti deve essere attentamente valutato. E questo lo possiamo fare soltanto incrociando i dati di ritorno dal cliente e dai reparti interni.

La scelta del fornitore può essere fondamentale sia per la qualità fornita che per la redditività finale. A maggior ragione se si tratta di outsourcing (la “faccia” che vede il nostro cliente può non essere la nostra ma quella del nostro fornitore).

Ovviamente in questa categoria rientrano anche gli eventuali professionisti che vanno a rientrano nel servizio erogato. Stabilire in maniera più o meno oggettiva la qualità di queste forniture, può essere fondamentale per fornire un servizio world-class.


PASSO #5. Obiettivi e progetti.

Quali progetti sono stati portati a termine? Quali risultati hanno ottenuto? E quali invece non sono stati portati a termine? E perché?

Erano davvero così strategici? Erano davvero importanti? Se non lo erano, cancellarli senza pietà. Se lo erano intensificare gli sforzi e dare il massimo per raggiungerli.

Abbiamo delle risorse limitate, ricordiamoci di gestire le priorità!

PASSO #6. Audit interni

In questo la norma ISO 9001 è molto dettagliata. Ci sono anche altre norme che regolano questo singolare aspetto, ma il succo è: verificare a intervalli prestabiliti il rispetto delle procedure in funzione di della criticità. La serietà con cui viene affrontata questa cosa è ciò che maggiormente distingue le aziende di successo. Quindi aborrire l’audit a tappeto tutti gli anni, concentrarsi su quelle attività che devono funzionare in un certo modo è che per qualche motivo non sono ancora a regime.

A questo fine possiamo farci aiutare anche dagli enti di certificazione che ci danno dei feedback rispetto ai vari standard, tipicamente la ISO 9001 o anche gli altri (ISO 45001 per la sicurezza sul lavoro, SA 8000 per l’etica d’impresa, ISO 14001 per le prestazioni ambientali, ISO IEC 27001 per la sicurezza dei dati, ecc).

Ma il risultato degli Auditor esterni non sarà mai tanto efficace quanto quello degli Audit condotti internamente con il Focus sul miglioramento continuo. Fateli seriamente, ma non esagerate con le formalità, deve essere un processo snello.

PASSO #7. Feedback dai collaboratori

Importantissimo tenere conto di come i collaboratori intendono migliorare il processo, il prodotto o il servizio introducendo dei momenti di confronto che si possono tenere anche in riunione molto brevi,

ULTIMO PASSO: PIANIFICARE IL MIGLIORAMENTO

L’ultimo passo è raccogliere tutte queste informazioni in un piano organico, strutturato e strategico che io chiamo piano di miglioramento, con fasi, responsabili, risorse, tempi di esecuzione, obiettivi, risorse da dedicarci.

Ecco, con questo processo in 7 passi si riescono a vedere risultati costanti, consistenti, continui nel tempo. Ho assistito alla fioritura e maturazione di aziende nell’arco di 1, 2, 3 o 5 anni come non avevano mai fatto prima. Da piccole imprese, alcune hanno eccelso nella loro nicchia, altre sono diventate Player nazionali e internazionali.

Una delle riunioni di miglioramento continuo in Autel Srl, Sassuolo, MO, clienti dal 2000

Qui sopra vedete una foto con il gruppo dei responsabili di Autel Srl, azienda del modenese che seguo da anni. Il loro successo da piccola impresa locale a grande impresa che serve mercati internazionali è dovuto anche grazie al miglioramento continuo, un giorno vi parlerò meglio di loro. E anche di Fulgosi, El.Car, Mechinno ed altre normalissime imprese tradizionali che hanno avuto risultati straordinari.

Per adesso è tutto.

Commenta qui sotto per fare domande, ricevere template e informazioni e implementare anche tu un miglioramento continuo efficace e non formale nella tua impresa.

Il mio più grato saluto, Andrea

I 5 buchi neri che uccidono la redditività dell’impresa

Come individuare i buchi neri che uccidono la redditività della tua organizzazione?

Quando un’azienda nasce è il mercato è in crescita ha di solito margine e redditività a sufficienza per crescere, prosperare e distribuire ricchezza a tutti, ma negli anni questi margini tendono ad assottigliarsi sotto l’azione del calo dei prezzi di vendita e dei costi crescenti. Questo dipende ovviamente da tanti fattori. Dal marketing, al posizionamento, alla maturità di mercato, ecc. Ma comunque negli anni la forbice fra ricavi e costi tende a ridursi fino a diventare sottilissima e a volte a diventare negativa.

L’azienda quindi deve chiudere o essere rifinanziata dai soci. Cosa che ovviamente è l’opposto del fare impresa, perché lo scopo delle imprese è quella di produrre profitto, non di distruggerlo. Per il bene degli Imprenditori e della comunità.

Lasciamo quindi perdere il discorso sui ricavi e sui costi e concentriamoci sul capire cosa assorbe la redditività dell’impresa. Vediamo quali sono i 5 buchi neri mangia profitti di tutte le imprese, sia che quelle di produzione che quelle di servizi.

La redditività è legata in primo luogo alla produttività e i seguenti buchi neri sono i nemici della produttività.

1° buco nero: mancanza di sistema

Il primo buco nero è la mancanza di un sistema di gestione per il controllo delle operazioni. La mancanza di processi, procedure e metodi per guidare e controllare le attività di business, come già detto in altri articoli, fa la differenza fra un’impresa improvvisata e una organizzazione industriale macina-profitti e ammazza la produttività come una fessura sotto una cisterna. Giorno dopo giorno, la cisterna si svuota. Vedi ad esempio il metodo delle 6C per creare procedure efficaci.

2° buco nero: errori e rilavorazioni

Il secondo buco nero è rappresentato dalla non qualità. Quest’aspetto è spesso sottovalutato, ma non certo dagli esperti di lean production che mettono al primo posto fra i 7 sprechi (MUDA) proprio le difettosità. Ma attenzione, non sto parlando solo di aziende di produzione, ma anche di aziende di servizi o di software. I costi della NON qualità sono tanto più elevati quanto meno sono misurati e controllati. Esempi di costi della non qualità sono gli errori, le rilavorazioni oppure le spedizioni di prodotti non controllati bene, con conseguenti resi, perdite di tempo, costi vivi dovuti a trasporti e riparazioni.

3° buco nero: personale non motivato

Il terzo buco nero è rappresentato dalla poca motivazione del personale: il personale poco motivato, poco addestrato, con poca chiarezza su quali siano gli obiettivi strategici, quali procedure da seguire e soprattutto sul perché sta facendo determinate operazioni, è personale poco contento, meno efficiente, meno attento e quindi poco produttivo.

4° buco nero: sistemi non integrati

Il quarto buco nero è dovuto ai sistemi non integrati. In particolare, quando i sistemi gestionali non sono integrati, generano una serie di errori, sovrapposizioni, ridondanze, sprechi e errori di imputazione dati, che fanno perdere tanto tempo, generano tanto spreco e, cosa forse ancora più rischiosa, danno l’impressione di 5° buco nero: il lavoro interrotto inducendo ad assumere persone inutilmente e innalzando notevolmente i costi.

5° buco nero: il lavoro interrotto

Quinto buco nero è il lavoro interrotto: uno dei motivi più importanti del peggioramento della produttività delle singole persone. E quindi di assorbimento della redditività aziendale. Sai che quando una persona viene interrotta da un’attività intellettuale ci vogliono almeno 15 minuti per riprendere lo stesso livello di concentrazione che aveva prima dell’interruzione? Un giorno ci torneremo sopra, perché correggere anche solo questo buco nero, ti fa riguadagnare preziosissimi punti percentuali di redditività.

ONE DAY STOP: Il caso della I-Tel Srl

La scorsa estate ero ospite da degli amici imprenditori. Sono marito e moglie, fondatori della I-Tel Srl, azienda che sviluppa software e che seguo fin dalla nascita. Stefania, Direttore, mi raccontava quanto erano riusciti a migliorare la produttività dopo l’analisi svolta insieme un paio di mesi prima. Infatti nell’incontro di aprile avevamo dedicato una giornata all’analisi dei processi per individuare i buchi neri.

Una SOLA giornata senza lavorare nell’impresa, ma lavorando sull’impresa. Uno ONE DAY STOP per individuare i buchi dove finisce la redditività aziendale. Nell’arco di una sola giornata, Stefania insieme ai suoi responsabili, guidati da me, ha scoperto una serie di punti critici dove finivano gran parte dei margini aziendali.

In primo luogo con una sola giornata di analisi abbiamo individuato i principali motivi di distruzione della redditività seguendo questo metodo dei cinque buchi neri.

Nell’arco dei mesi successivi, Stefania e il gruppo dei responsabili, hanno lavorato alla correzione di sistemi e procedure, facendo scelte coraggiose e integrando i 5 sistemi gestionali in un solo straordinario strumento. E recuperando finalmente la redditività perduta.

È importante sottolineare che tutto questo risultato è scaturito dall’analisi durata una sola giornata.

Durante questo pomeriggio d’estate, Stefania mi raccontava di come fosse entusiasta dei risultati ottenuti. “Sai che dalle cinque giornate – diceva – che impiegavamo per fare la fatturazione mensile, adesso, dopo aver integrato i sistemi e adottato le procedure, ci mettiamo soltanto una mattina?

Ti puoi immaginare la mia felicità.

Hanno Inoltre costruito una serie di KPI, indicatori gestionali, che sono calcolati automaticamente con gli strumenti che avevano già, e che abbiamo solo riorganizzato e messi insieme. Quindi senza fare investimenti oltre alla singola giornata di consulenza. Adesso hanno un cruscotto di indicatori che monitora costantemente e automaticamente la situazione di redditività in tempo reale.

quindi, ricapitolando, i 5 buchi neri, sono:

  • 1° buco nero: mancanza di sistema
  • 2° buco nero: errori e rilavorazioni
  • 3° buco nero: personale non motivato
  • 4° buco nero: sistemi non integrati
  • 5° buco nero: il lavoro interrotto

Comincia anche tu a pensare dove finisce la redditività della tua impresa e scrivi qui sotto le tue illuminazioni!

Il tabù della qualità del software: le metriche di prodotto

,

Nella puntata precedente (Il tabù nella qualità del software, parte 1) abbiamo parlato di come sia importante definire un processo di sviluppo del software come prima strategia per ottenere buoni prodotti, che il cliente ama, usa e che l’azienda che l’ha prodotto mette a profitto negli anni. Oggi vediamo invece con quali metriche si può controllare la qualità del prodotto, entrando nel cuore del codice: attraverso una serie di metriche per quantificare qualità e prestazioni.

Chiedete e fate domande qui sotto se volete slide o template.

¡Hasta la proxima!