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Trasforma la tua impresa in un organismo che pensa, decide e agisce da solo

In questo articolo ti mostrerò come trasformare la tua impresa in un organismo che pensa, decide e agisce da solo. Si esatto, un’organizzazione che cresce, produce e migliora anche senza il tuo intervento continuo. Anche senza la tua presenza assidua. Ecco come automatizzare la propria impresa annientando i 5 buchi neri.

Gestire un’impresa non è cosa da poco. Anche una piccola impresa. Le variabili da controllare sono davvero tante. E mano a mano che l’azienda cresce si presentano sempre nuove sfide e nuovi scenari da gestire e risolvere. I mercati che si evolvono – anche radicalmente – possono mettere in discussione lo scopo stesso dell’impresa e richiedono l’adattamento periodico del modello di business.

Automatizzare la propria impresa lavorando SULLA organizzazione

Ecco perché l’imprenditore o il manager che guida l’impresa ha bisogno di smettere presto di lavorare NELLA sua organizzazione e di iniziare a lavorare SULLA sua organizzazione.

Proprio per staccarsi, operativamente ed emotivamente dall’operatività e dedicarsi alla strategia e allo sviluppo bilanciato e armonioso della creatura che ha creato o che gestisce.

Immagino che tu abbia già sentito come per automatizzare la propria impresa quanto sia importante lavorare sulla propria organizzazione anziché all’interno di questa. Però credo che raramente tu abbia sentito COME fare, in maniera concreta e chiara, in termini O-PE-RA-TI-VI.

I 5 buchi neri che annientano la redditività: La mancanza di un sistema è il più importante

Ho già parlato in un precedente articolo dei 5 buchi neri che uccidono la redditività della tua impresa. Sono questi 5:

  • assenza di un sistema di gestione
  • errori e sprechi (la cosiddetta non qualità)
  • mancanza di integrazione ed automazione
  • personale non motivato
  • lavoro interrotto

l’assenza di un sistema di gestione è sicuramente al primo posto, come risulta da diversi studi nazionali e internazionali. Infatti l’assenza di un metodo, di un sistema standard e condiviso per fare le cose, ha davvero tante controindicazioni, per via dei suoi molteplici effetti negativi:

  • risultati non costanti e imprevedibili
  • minore soddisfazione dei clienti
  • scarsa produttività
  • stress (non misurabile, ma palpabile)
  • ridotta redditività
  • poca chiarezza di ruoli
  • difficile assegnazione delle responsabilità
  • continue emergenze
  • dare la colpa alle persone, anziché comprendere i problemi delle procedura (con pesanti risentimenti personali)
  • peggioramento del clima aziendale

se mi metto a pensarci, ne trovo un’altra decina. Come minimo!

La mancanza di un sistema quindi è la prima causa di scarsa produttività, efficienza, dissipazione di utili, distruzione di margini.

La premessa fondamentale è cambiare il punto di vista

Ma vediamo come lavorare SUL sistema e non NEL sistema. Per prima cosa devi fare un passaggio mentale: osservare il tuo business da un punto di vista privilegiato: ESTERNO e RIALZATO. Potremmo definirlo il passo ZERO, il passo senza il quale i 3 passi che ti sto per descrivere non hanno neanche senso.

Cioè: Se non riesci a tirarti fuori dall’operatività, non riesci nemmeno a vedere cosa è che non va o che potrebbe andare meglio nella tua organizzazione. Non riesci a lavorare sui tuoi sistemi.

Lavorare SUL sistema

Ma cosa vuol dire concretamente “lavorare sul sistema”? come faccio ad ottenere un metodo che mi permette davvero di rendere automatica la parte operativa della mia impresa?

Nel metodo L.S.S. “Lavora Sul Sistema” che ho messo a punto nel corso degli anni, ho individuato le 3 singole azioni che fanno la differenza nella produttività delle aziende e organizzazioni di ogni tipo. Queste singole azioni sono quelle che contraddistinguono le organizzazioni super produttive, quelle che hanno la maggior produttività, quelle che hanno le prestazioni migliori.

Vediamo quali sono queste 3 azioni.

Prima azione: L’obiettivo strategico

Il primo dei 3 passaggi fondamentali è definire l’obiettivo strategico. È il momento in cui descrivi le fondamenta della tua organizzazione.
Una pagina sola, in cui si descrive l’obiettivo primario, si delineano le metodologie e gli impegni, si elencano i punti di forza.

È un compito da svolgere in prima persona, che tu sia l’imprenditore, il manager o il proprietario, devi occupartene direttamente. È un lavoro semplice, rapido, quasi di getto. Roba da fare in 4-6 ore di lavoro, anche meno, magari distribuite in più sessioni. L’importante è che sia scritto.

Deve essere di una chiarezza estrema e rispecchiare la chiarezza che può e deve avere in mente la persona alla guida dell’impresa. Capisci bene che impatto possa avere questa cosa sulla visione del tuo business!

Una volta completato, riceverai feedback dal tuo staff e sarà importante condividerlo all’interno dell’organizzazione. Nel tempo, lo regolerai come necessario, ma non cambierà molto con il passare degli anni.

Se vuoi vedere un esempio e scrivere il tuo Obiettivo Strategico, clicca qui e scarica il template personalizzabile. Inizia oggi stesso. È importante. È la prima pietra della tua libertà futura. Ti riempirà di orgoglio per quello che hai raggiunto fino ad oggi e ti darà una chiarezza impressionante, dopo averlo fatto.

Automatizza la tua impresa con il Metodo LSS - Lavora Sul Sistema
Obiettivi strategici, principi operativi, procedure e istruzioni: trasforma la tua impresa in un organismo che pensa, decide e agisce da solo

Seconda azione: i Principi Operativi

La seconda azione è quella di descrivere i Principi Operativi in base ai quali la tua organizzazione dovrà decidere e agire d’ora in poi. Anche se l’obiettivo strategico è ancora allo stato di bozza, inizia a buttare giù tutte le cose hai in mente riguardo a come le persone che lavorano con te dovrebbero sempre lavorare. È come scrivere la costituzione del tuo stato. Solo che non devi farti aiutare da un parlamento di aiutanti: lo devi creare tu. In prima persona.

Questo documento descrive le linee guida con cui prendere le decisioni. Deve essere coerente ovviamente con l’Obiettivo Strategico, e costituire un punto di riferimento in azienda per tutte le persone al fine che possano prendere decisioni in autonomia senza interpellarti ogni volta, esattamente come se decidessi tu direttamente.

Su questo documento sono descritti i principi, non le modalità operative, per intendersi non c’è scritto come redigere un’offerta. È più facile che ci troviamo scritto “nella nostra organizzazione cerchiamo sempre la soluzione più semplice“, con l’intento ovviamente di favorire un atteggiamento di approccio efficace ai problemi, ma anche efficiente, che aiuti le persone a lavorare in modo armonioso, con energia e senza stress.

Per darti un’idea di come potresti scrivere questi principi per la tua organizzazione, nel template da scaricare, ho elencato una serie di Principi Operativi. Quindi scaricalo da questo link e inizia a scrivere questi principi: ti sarà tutto immediatamente chiaro.

Automatizza la tua impresa con il Metodo LSS - Lavora Sul Sistema
Obiettivi strategici, principi operativi, procedure e istruzioni: trasforma la tua impresa in un organismo che pensa, decide e agisce da solo

Terza azione: le Procedure di Lavoro

Se definire l’obiettivo strategico ci mantiene focalizzati, i principi ci guidano nel prendere decisioni, perché rappresentano la “costituzione”, le Procedure rappresentano le “LEGGI” e rendono automatica l’applicazione dei processi.

La terza azione è appunto quella della descrizione delle procedure operative. Queste tre attività devono essere eseguite esattamente in quest’ordine. Non è consigliato invertire l’ordine, cioè scrivere prima le procedure e poi i principi e poi il piano strategico.

Come scrivere procedure efficaci, l’ho detto già in un precedente articolo, clicca su questo link per andare a vedere: “Il metodo delle 6C per scrivere procedure efficaci

Automatizza la tua impresa con il Metodo LSS - Lavora Sul Sistema
Obiettivi strategici, principi operativi, procedure e istruzioni: trasforma la tua impresa in un organismo che pensa, decide e agisce da solo

Complessivamente, è bene che tu spenda il 90% del tuo tempo sulla redazione e miglioramento delle procedure di lavoro, ma deve essere scritto per primo l’obiettivo strategico, da cui discendono i principi operativi. Ed infine le procedure di lavoro.

E come ti puoi immaginare, mentre i primi due documenti definiscono l’organizzazione e la descrivono negli anni, e possono non cambiare in sostanza per diversi anni, il lavoro sulle procedure è un lavoro continuo, che può durare mesi e che richiede una manutenzione continua.

Comincerai dalle procedure che hanno un maggior impatto sull’andamento della tua impresa, quelle più critiche o che sono il cuore dei tuoi processi. Mano a mano che avrai definito le procedure più critiche, passerai a quelle secondarie e così via.

Io ho un metodo anche per valutare le priorità e capire da quali procedure iniziare in funzione dei costi e dei benefici, ma per iniziare va bene anche affidarsi all’intuito.

Il potere del mettere NERO su BIANCO

Ora, queste pietre miliari della tua organizzazione, questi tre baluardi della tua efficienza, devono essere necessariamente scritti.

Esattamente. Sia l’obiettivo strategico, che i principi operativi, che le procedure di lavoro, devo essere necessariamente scritti. E questo per garantire che facciano il loro dovere in maniera inequivocabile e comportino una serie di vantaggi che vanno ben oltre la semplice redditività. Infatti, definire e scrivere questi tre punti ti garantisce di:

  • Individuare delle aree grigie fra le tue procedure e prendere decisioni sull’istante
  • Far emergere dei punti critici che fino ad ora non avevi compreso fino in fondo
  • Confrontarti con i tuoi collaboratori, partner o fornitori, oliando un meccanismo che stentava ad ingranare
  • Formare i tuoi collaboratori a fare questo lavoro da soli o in team senza la tua presenza e in definitiva alla tua organizzazione di crescere da sola.

A volte il processo può essere noioso: soprattutto scrivere le procedure non è affatto istantaneo. È chiaro che catalogare tutti i sistemi e sottosistemi richiede tempo. Le Procedure di Lavoro non si configurano facilmente come i primi due documenti.

Ma nelle prime settimane successive all’inizio del processo di documentazione, già potrai notare una progressiva liberazione dai tuoi compiti più routinari. Noterai che la tua organizzazione inizia a lavorare in maniera più fluida. Uno dei punti cardine e degli effetti del metodo L.S.S. è la capacità di prendere decisioni in autonomia. Da un certo punto in poi la tua organizzazione prenderà decisioni esattamente come le avresti prese te, semplicemente per il fatto che hai dato a delle persone normalmente capaci un perché, un come, è un che cosa fare.

Ricapitolando

Quindi, ricapitolando, dopo esserti messo in una posizione ESTERNA alla tua organizzazione, guardandola dall’alto, è necessario definire in quest’ordine:

  1. L’obiettivo strategico è la tua dichiarazione di indipendenza, la tua Magna Charta per un futuro migliore.
  2. I Principi operativi sono la tua Costituzione, una serie di linee guida per il futuro processo decisionale.
  3. Le Procedure di lavoro sono le tue leggi, le regole del tuo gioco, chi non sta al gioco e non rispetta le regole, si accomodi.

Riesci ad immaginare un governo rappresentativo che non abbia registrato le sue fondamenta in forma scritta? Perché dovrebbe essere diverso per la tua attività o il tuo lavoro?

Per metterli insieme non ci vorrà molto, ma non sarà immediato. Non posso nemmeno garantirti che sarà facile, perché ci saranno dei momenti in cui perderai il focus o non saprai dove trovare il tempo per portare a termine il tuo progetto.

Ma ti posso garantire che se lo farai, sarai ripagato con una moneta che non troverai su nessun listino di cambio.

La tua libertà!

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E se hai domande, commenta qui sotto e fammi e tue domande. Avrai sicuramente delle risposte utili per la crescita della tua impresa.

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Privacy GDPR, che P…

Perché questa privacy sta così antipatica a tutti gli imprenditori? Ma è davvero un ulteriore appesantimento burocratico e normativo?

NO!

e ti spiego perché.

Il vecchio Decreto 196/2003 contro il nuovo Regolamento Europeo 679/2016

Prima di tutto perché esisteva già una legge, la 196 del 2003 che sostanzialmente chiedeva le stesse cose del Regolamento Europeo 679/2016 entrata in vigore l’anno scorso con il decreto attuativo 101/2018.

Quindi per prima cosa c’è questo aspetto: la legge che chiedeva di rispettare la privacy, di incaricare formalmente alcune figure, di adottare delle misure di protezione, ecc ecc ecc, c’era già. Anzi forse era più severa per certi versi del regolamento attuale. Il GDPR presenta meno adempimenti burocratici.

Il secondo aspetto invece è  squisitamente psicologico. La cosa che ha reso veramente antipatico questo adeguamento normativo è la pressione psicologica. Quasi un ricatto esercitato da tanti consulenti e software house che hanno fatto terrorismo psicologico sbandierando imminenti multe milionarie.

Eh sì, hanno sfruttato l’imprepazione iniziale dei manager e degli imprenditori, il clima di terrore e l’effettiva urgenza dell’adeguamento per vendere le loro soluzioni magiche. Vi ricordate le centinaia di email che vi sono arrivate a ridosso del 25 maggio? Neanche una dalle aziende che seguiamo noi, sia chiaro!

Per non parlare di quelle che hanno DECIMATO la loro base dati di contatti per il semplice fatto che qualche consulente dell’ultim’ora (magari un legale che, vivendo nel suo studio non sa niente di marketing) ha richiesto tassativamente di “avere il consenso dall’interessato“. Che ovviamente è arrivato in un caso su 10 o su 20. Mi dispiace davvero, peccato!

Solo in pochi hanno usato la testa, molti sono stati guidati dalla paura

Ovviamente il 90% di quella urgenza era una bufala. A parte per determinate organizzazioni in determinate condizioni (quelle che DAVVERO trattano i dati delle persone in maniera massiccia) la stragrande maggioranza degli interventi nelle piccole imprese erano esagerati, incompleti, parziali, inutili o superficiali.

Con i “ragazzi” della PROVECO Srl, una delle imprese che ha accettato di fare una seria analisi delle criticità e che adesso è veramente “al sicuro”!

Cerchiamo invece di capire dove sta la realtà. Dov’è la VERITÀ? Questo regolamento alleggerisce determinati adempimenti; mentre ne appesantisce altri per particolari categorie di organizzazioni che trattano i dati personali in modo massiccio o che trattano dati personali veramente delicati (es: dati personali sensibili oppure in marketing profilato e automatizzato).

Quindi cerchiamo di capire come funziona in due parole questo regolamento europeo. Prima di tutto è un’innovazione per l’aspetto giuridico italiano tipico. Perché sposta l’attenzione da un atteggiamento di conformità, ad un atteggiamento di responsabilità: prima esistevano una serie di misure minime (che magicamente poi diventavano anche le misure massime!!!), mentre adesso bisogno dimostrare di averci messo un po’ la testa.

Sì, ammetto, era più comodo adottare una checklist, ma cadere in errore era più facile!

Quindi dobbiamo dimostrare che abbiamo preso in seria considerazione la privacy e la gestione dei dati personali. questo presuppone di fare un’analisi piena, e non basta adottare una semplice check list con qualche modulino. Ed ecco dove sbagliano tantissimi consulenti e tanti imprenditori guidati male: bisogna capire dove stanno le criticità rispetto alla gestione dei dati personali.

Se eri già in regola con la vecchia Privacy, ti manca poco

Intendiamoci: la stragrande maggioranza delle imprese non tratta dati sensibili, non tratta dati personali in maniera critica, non tratta dati a livello marketing con profilazione e trattamenti automatici. Quindi, se hai un’azienda di carpenteria o uno studio di servizi industriali, probabilmente non hai bisogno di fare niente di più di quello che già facevi con Il vecchio decreto 196/2003

Ovviamente se non eri in regola prima, sta a te decidere se continuare a lavorare senza rispettare le regole con i relativi rischi, oppure se cominciare ad adeguarti adesso.

La stragrande maggioranza degli imprenditori non avrà un grande impatto burocratico. Tuttavia io consiglio sempre ai miei amici e ai miei clienti di avere un atteggiamento di analisi verso i dati personali, piuttosto che di “risposta”.

Il metodo S.I.C.U.R.

Ho messo a punto un metodo. Il metodo si chiama S.I.C.U.R. (vedi il metodo su gdprfacile.com)  ed è un metodo in cinque fasi. Come nostro stile, per ciascuna di queste 5 fasi, sono stati creati altrettanti video tutorial e documenti personalizzabili sulla nostra piattaforma, per rendere facile la vita a manager, imprenditori e responsabili che si vogliono cimentare autonomamente nell’impresa.

il metodo S.I.C.U.R. di gdprfacile.com

S = SCOPRI

GDPRfacile.com, Privacy e documentazione
La prima lettera è la S di scopri. Scopri quali sono i requisiti che si applicano alla tua organizzazione, quali ruoli entrano in gioco all’interno e allesterno della tua impresa. Non devi conoscere tutti i requisiti: solo quelli che si applicano veramente alla tua organizzazione.

I = INDIVIDUA

GDPRfacile.com, Privacy e documentazione
Il secondo punto, la I di Individua, ti indica quali sono gli interventi  che devi veramente implementare per mettere al sicuro i tuoi dati e i dati personali degli interessati.

C = CUSTODISCI

GDPRfacile.com, Privacy e documentazione
con la C si intende custodisci i dati sensibili e dati personali con le giuste  misure tecniche e organizzative.

U = UNIFORMA

GDPRfacile.com, Privacy e documentazione
Con il 4° modulo, riuscirai ad UNIFORMARE la tua presenza sul web.

Che tu abbia un sito vetrina o che tu abbia un commercio elettronico, devi mettere in ordine le tue policy per fornire le corrette informazione ai tuoi clienti e interessati e per ottenere la conformità al regolamento. E mi raccomando, quando parlo di presenza sul web non intendo necessariamente avere un commercio elettronico, anche il singolo sito vetrina installa cookies sui computer dei visitatori. Al termine dell’articolo ti racconto un triste episodio accaduto a Prato.

Quindi, a seconda che tu abbia una presenza statica o dinamica sul web, se hai un classico sito vetrina, o un sistema che cattura i dati dei clienti con dei moduli on-line, oppure se fai veramente commercio elettronico, avrai diversi livelli di adeguamento con complessità a diverse.

R = RIPARATI

GDPRfacile.com, Privacy e documentazione
In questo modo metti al RIPARO la tua attività conoscendo i rischi di violazione delle norme e dei Diritti dell’interessato: Quali sono le sanzioni Quali sono le violazioni più probabili Le conseguenze in caso di violazione Il rischio risarcitorio Il rischio reputazionale

L’ultimo punto, la R, sta per ripararsi. Sì esatto, ripararsi dalle sanzioni, conoscendo quali sono sanzioni possibili per il tuo business. Evitarle semplicemente eliminando le cause dei possibili reati, per il fatto stesso che sei conforme.

Il triste episodio del commercialista di Prato

Nel 2015, quindi prima dell’entrata in vigore del Regolamento Europeo per la privacy, mi chiama un amico perché un suo cliente aveva bisogno di aiuto. Stava sostenendo il controllo della Guardia di Finanza per quello che riguarda la gestione dei dati sulla privacy. A parte due o tre irregolarità sulla designazione degli addetti al trattamento dei dati, che abbiamo rimesso un po’ al volo, il problema è sorto quando I finanzieri hanno guardato il sito dell’azienda. Vi assicuro, il sito di uno studio di commercialisti che non aveva nemmeno il modulino per la raccolta dei dati, un puro sito vetrina.

Ebbene, per via della mancanza del banner di protezione dai cookies, (per la cosiddetta direttiva e-Privacy) questo commercialista si è visto comminare una multa di 12.000 €. È evidente che questa è una multa assolutamente spropositata per una trasgressione che non reca danno a nessuno. Si tratta solo di una informazione mancata al visitatore e l’installazione di cookies non desiderati. Per farti comprendere a che livelli si può spingere il controllo, in totale de-correlazione fra danno effettivo all’interessato e sanzione di misure spropositate.

Il metodo S.I.C.U.R. di GDPRfacile

Ho messo apunto il metodo che ti ho descritto prima, GDPR facile, nell’arco degli ultimi 2 anni dopo 15 di esperienza nel settore. Se mi segui da tempo, probabilmente sai già che ISO 9001 facile è il nostro cavallo di battaglia da tempo, ma GDPR facile è nato più di recente per mettere in grado mangaer e imprenditori di conformarsi al regolamento della privacy anche in autonomia senza ricorrere a consulenti.

In puro stile ISO 9001 facile, anche questo percorso è assolutamente guidato, passo per passo, tramite una piattaforma web che ti guida; in ogni fase, trovi la documentazione da scaricare, personalizzabile, con i video tutorial che ti guidano e ti evitano di commettere errori. Inoltre sulla piattaforma trovi le registrazioni dei webinar e dei video formativi che rimane per sempre a tua disposizione per usarla come formazione obbligatoria per dipendenti attuali e futuri.

Quindi vai a guardarlo: www.gdprfacile.com , perché è possibile che nei prossimi tempi vengano aperte le iscrizioni.

A meno che ovviamente tu non sia già in regola; in tal caso ti faccio i miei complimenti: siete molto bravi! 👏👏👏

Un caro saluto, alla prossima.

Andrea Aulisi

Il tabù della qualità nel software. Parte 1, il modello di gestione

Se sviluppi software, se la tua azienda sviluppa software o lo commissiona, saprai benissimo che predire la qualità di un software è davvero difficile.

Sì perché la qualità del software è un tabù. Nessuno ne parla o fornisce dati oggettivi, anche se molti sono in grado di capire se un software funziona bene oppure no. Mi spiego meglio, fare un buon prodotto software dipende da moltissime variabili e il più delle volte non è verificabile ai primi utilizzi.

Inoltre non dipende dal talento dello sviluppatore, o dal talento di alcuni sviluppatori di una squadra. Forse questo può essere vero in una fase di start up di una piccola impresa, ma raramente questo risultato è ripetibile quando il team di sviluppo comincia ad allargarsi.

Il risultato finale dello sviluppo è difficilmente quantificabile in maniera preventiva. A volte è difficile individuare il livello di qualità di un software anche durante i test.

Le dimensioni della qualità del software

Quindi quand’è che si capisce se un software e di qualità oppure no?

Innanzitutto la qualità di un software dipende principalmente da queste 6 caratteristiche.

  • Funzionabilità
  • Affidabilità
  • Efficienza
  • Usabilità
  • Manutenibilità
  • Portabilità

Ma svilupperemo questi concetti nel secondo video dedicato alle metriche del software.

Qui mi interessa invece un altro aspetto, quello dell’organizzazione che deve avere una software house per garantire i punti suddetti.

Qualità esterna e qualità interna

Nella maggior parte dei casi, la qualità di un software, non si può valutare neanche dopo le prime release. E cioè, a meno che non si manifestino problemi grossolani nella prima release si tende ad accettare il software come buono. Questo è quello che va sotto il nome solitamente di qualità esterna. Cioè la qualità percepita dal cliente.

E poi c’è la qualità interna, quella che viene invece percepita da chi ha sviluppato e deve manutenere il software. È da questo lato che solitamente si manifestano i problemi più critici e pesanti da risolvere. E si manifestano anche dopo molto tempo, quando il software ha già qualche anno di sviluppi, modifiche, aggiornamenti vari. Ogni singola modifica ulteriore, rallenta le prestazioni del software, ne rende quasi impossibile la manutenzione, allungando i tempi di risposta delle change request, i costi della manutenzione e via dicendo.

Insomma, un software fatto male, è una bomba ad orologeria per tutti: per il cliente che l’ha pagato e che non ha risolto il suo problema in maniera efficiente, per il produttore che deve rimetterci le mani in continuazione spendendo soldi e tempo all’infinito e poi anche per chi lo ha commissionato, perché ovviamente perde il cliente e la reputazione.

Ora, questo problema non ce l’ha tanto lo sviluppatore singolo, ma riguarda tutte le aziende che commissionano software oppure che lo producono. Sì perché non hanno quasi mai il controllo del prodotto finale, a parte i primi incontri di analisi.

Anche la micro azienda di sviluppo software può avere questo problema, magari sulle prime può sembrare di no, perché gli sviluppatori lavorano tutti a stretto contatto, ma ci sono delle cose (come ad esempio la mancanza di un semplicissimo standard di sviluppo condiviso) che rappresentano un grandissimo rischio per la qualità del prodotto finale.

Anche chi lavora nell’ambito delle certificazioni di qualità, non affronta quasi mai l’argomento della qualità del software. Prima di tutto perché sono in pochi a capirci davvero qualcosa. Gli specialisti di qualità software spesso non sono dei bravi consulenti di strategia. E viceversa.

Ma per fortuna ci sono almeno un paio di strategie che possono ridurre e prevenire i rischi di un software fatto male.

Quindi quali sono le prime due strategie che un produttore di software deve almeno prendere in considerazione per assicurarsi di non perdere soldi, tempo e reputazione?

La prima strategia: il modello di gestione interno

la prima è sicuramente dotarsi di un modello di gestione interno. Uno strumento organizzativo, un sistema, che lo aiuti a far sì che ogni punto critico della sua delivery sia presidiato da un controllo o da dalle prassi. Si, mi riferisco a delle procedure, scritte e condivise (leggi qui il metodo delle 6C per creare delle procedure efficaci).

Oggi ci sono tanti modi per dotarsi di un modello di gestione. A cominciare dalle tecniche di sviluppo agili (che, attenzione, non significa che se si sviluppa il software in maniera agile o “agiàil”, si può fare che cavolo ci pare, ci sono dei paletti anche lì) fino alle tecniche scrum e alle più classiche metodologie waterfall. Non mi sento di consigliare un modello di gestione piuttosto che un altro a priori, le scelte a priori vanno lasciate agli Evangelisti di una o dell’altra dottrina, ai pasionari della moda del momento. Ogni azienda deve scegliere il suo modello di gestione in funzione della maturità aziendale, della rapidità del mercato in cui si muove, delle dimensioni dei suoi progetti, sulle tipologia dei suoi lavori se a commessa o a mercato, in funzione delle tipologie di clienti o degli utenti finali che serve.

Però ci sono dei capisaldi che ogni azienda deve considerare. Quindi, a meno che tu non abbia già un modello di gestione, tieni bene in mente questi punti.

Punto primo, il team di sviluppo deve essere definito a priori, in base alle competenze e alle capacità personali di ciascuno, ognuno dovrà avere dei singoli ruoli all’interno del team. Mi raccomando, non ti sto dicendo questo per fare un bell’esercizio e prendere un bel voto a scuola, ti sto chiedendo di scrivere nero su bianco chi è lo Sviluppatore, chi l’Analista, chi è il Capo Progetto, chi è il Project Manager. Anche se alla fine il team è composto da 3 persone soltanto. È importante scriverlo nero su bianco, le persone hanno la memoria corta. E nascono i casini.

Tipico GAP di progettazione! 🙂

Punto secondo. Il tempo dedicato all’analisi non è mai abbastanza. È chiaro che alla fine dovremo trovare un compromesso fra la fase iniziale di analisi e l’inizio dell’implementazione, però questo è lo snodo nevralgico su cui combattono sempre il cliente, gli sviluppatori, e l’imprenditore. È risaputo che “cannare” l’analisi porta sempre a dei risultati deprimenti per tutti, ma anche fare un’ottima analisi non è sufficiente per ottenere un prodotto eccellente. Sì, è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Fare una buona analisi permette chiaramente anche di quantificare bene il progetto a livello economico.

la qualità, o la paghi prima o la paghi dopo (e di solito dopo è molto più cara)

Punto terzo, la pianificazione. Anche in questo caso, è necessario scrivere nero su bianco con qualsiasi mezzo, che sia una lavagna nell’area di sviluppo, che sia un documento condiviso, che sia un tool web, l’importante è che siano scritte nero su bianco le fasi del progetto, gli step di verifica e test, le date di rilascio del prototipo, mockup, versione finale, eccetera. Anche in questo caso non ti sto chiedendo di fare un esercizio di stile, è proprio fondamentale scriverlo nero su bianco e condividerlo con il team di sviluppo.

Punto quarto. Il test del software è un’attività che ti può davvero salvare la faccia di fronte ai clienti. Ho visto così tante volte aziende committenti e produttrici arrivare ai ferri corti solo perché era stata trascurata la fase di test. Fino a qualche anno fa c’era il tempo da dedicare quasi la metà del budget di progetto alla fase di test. Oggi non c’è più. Il mercato è troppo veloce per consentire di fare dei test approfonditi, ma una buona pianificazione dei test o degli sprint, con strumenti e metodologie adatte, rende possibile farlo in maniera economica e sostenibile. La valenza dei test è doppia:

  1. I test del codice hanno lo scopo di verificare se il codice fa quello che si è detto che deve fare.
  2. I test del progetto hanno lo scopo di verificare se il prodotto sviluppato sia effettivamente quello che vuole il cliente, il committente, o l’utente finale! Sono dei test più allargati, con una visione più ampia e che spesso possono essere estesi anche al cliente, in un’ottica di collaborazione.
il processo di sviluppo software senza interazioni con il cliente contro il processo con frequenti test/sprint

Quindi, ricapitolando, nella prima strategia del modello di gestione, i punti essenziali sono:

  1. definire bene i team di sviluppo NERO SU BIANCO
  2. ANALISI fatta bene
  3. PIANIFICAZIONE “intelligente”
  4. TEST, verifiche e interazione con il cliente/utente

La seconda strategia: controllo delle dimensioni della qualità del software

La seconda strategia che ogni produttore di software deve assolutamente fare, è dotarsi di uno strumento per controllare le 6 dimensioni principali della qualità del software di cui ho parlato prima. Ti sto parlando adesso della qualità del prodotto software. Quando un’azienda ha dei prodotti propri, o quando il prodotto sviluppato per un cliente ha una certa complessità, è importante essere consapevoli di che cosa stanno facendo i propri sviluppatori. E questo lo puoi fare soltanto usando delle metriche, dei KPI, degli indicatori pensati per capire se il tuo prodotto è di qualità oppure no. Sto parlando di dati oggettivi, linee di codice, lunghezza delle linee di codice, usabilità del prodotto, manutenibilità, portabilità. Tutte metriche che possono fare una differenza abissale fra un software mediocre destinato a durare pochi anni, ed un software eccellente destinato a vincere sul mercato.

Un esempio di rappresentazione grafica delle metriche di un software di qualità

Parlerò del tema delle metriche del software in un prossimo video (sopra un esempio di indicatori di qualità), in cui sviscereremo ciascuna delle 6 dimensioni per cui un software può essere ritenuto di qualità oppure no.

I modelli di gestione e le norme di riferimento

Tornando al modello di gestione, solitamente si fa riferimento allo standard di qualità del processo più diffuso al mondo. La norma ISO 9001.

La ISO 9001 da sola non garantisce che i prodotti sviluppati siano di qualità. Ma effettivamente garantisce l’applicazione di un ottimo modello di gestione della qualità anche alle aziende che sviluppano software, e se il sistema di gestione ISO 9001 è architettato bene da qualcuno che conosce bene il software, effettivamente reca un beneficio straordinario all’azienda che lo implementa.

Attenzione, ti sto parlando di uno dei più collaudati standard di miglioramento della qualità, diffuso in 180 paesi in tutto il mondo che definisce come un’azienda dovrebbe organizzare i propri processi. Il limite della ISO 9001 è che non è uno standard pensato esclusivamente per le aziende di sviluppo software, ma un buon consulente, insieme ad un buon imprenditore o manager, può implementare un modello di gestione veramente eccellente anche soltanto riferendosi ai requisiti della ISO 9001.

Altro standard più avanzato è la ISO 20000 che è proprio specifico per il settore del software. È uno standard molto impegnativo per cui consiglio alle piccole aziende di tenerlo presente solo come riferimento e non come standard di certificazione. Come standard di certificazione invece consiglio l’eccellente modello di gestione della ISO 9001.

Ok. Fine della prima parte. Nella seconda entreremo nel merito della qualità del prodotto software (vedi la seconda parte).

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